FLORA ANGELONI
Autore dei testi:
REUENE A SORA NANNI, TEMPORALE
PAGINA AUTOGESTITA
FLORA ANGELONI
nata ad Avezzano (AQ), vive a Sora
Insegnante a riposo dal 1985
1939 Ha fatto parte della filodrammatica “Francesco Biancale“ di Sora.
1939 Ha recitato nella commedia “LA GUARDIANA DELLE OCHE“ di Corona.
1943 Ha fatto parte del cast nel dramma “ LA MASCHERA E IL VOLTO “ di Chiarelli
1946 Ha recitato nella commedia popolare “IL MISTERO DÌ TORREVECCHIA“ scritta da Vincenzo Patriarca e da Riccardo Gulia.
1957 Presso la scuola San Marciano (Sora) ha messo in scena uno spettacolo da lei scritto “ SCENETTE – DANZE – E CANTI“
1958 E’ stata giudice popolare presso la Corte di Assise di Cassino per oltre un mese.
1958 E’ stata fiduciaria del plesso scolastico di Agnone Maggiore (Sora) fino al 1969.
1966 Ha ricevuto un diploma di merito con medaglia d’argento per il concorso “Il miglior giardino“.
1976 Ha partecipato e collaborato allo spettacolo teatrale in cartellone al teatro “Capitol“ di Sora.
1978 Ha ideato e scritto il copione della commedia “SCHEDA O PAGELLA“ messa in scena presso il cinema –teatro dell’Istituto dei Padri Camilliani di Valleradice ( Sora ) in occasione del “ Premio della bontà “.
1979 Ha partecipato e collaborato alla messa in scena “E’ ARRIVATO L’AMBASCIATORE “ di Riccardo Gulia.
1986 In occasione delle feste natalizie ha ideato e scritto “ Il sogno di Alfredino “rappresentato presso l’edificio scolastico D. Alighieri di Sora.
1996 Ha pubblicato un libro di poesie in vernacolo e in lingua dal titolo “RICORDI –PENSIERI-IMMAGINI“
2003 Ha pubblicato un secondo libro di poesie dal titolo “IN VERNACOLO E IN LINGUA“
2004 Ha pubblicato un opuscolo in prosa ed in poesia “ SCEGGE DÌ MEMORIA“2004 Una sua poesia in vernacolo,“ REUENE A SORA NANNI’,“ viene musicata da Ettore Farina; per questo testo Le è stata conferita una targa dal Sindaco di Sora nel corso della 1° esecuzione pubblica.
2006 Ha pubblicato un quaderno di poesie in lingua dal titolo “GIOIA DÌ SOGNI ,DÌ RICORDI, DÌ AFFETTI“.
Molte sue poesie sono state pubblicate su “ VITA SORANA “, mensile di attualità cittadina.
Il suo hobby preferito è la poesia e il disegno.
Ora scrive ancora e si diletta in lavoretti a mano ,ai ferri e all’uncinetto.
SCHEGGE DÌ MEMORIA
Di Flora Angeloni
A ROMA COL TRENO
Com’ è interessante il viaggio in treno! Arriva
velocemente sbuffando e sembra voglia
rapirti al suo passaggio.
Che sogno il treno ai miei tempi! Quanto
fascino per il suo arrivo e la sua partenza.
Quanta voglia curiosa nel vedere gente che
andava e tornava. In
molti casi però c’era anche motivo di
commozione nel vedere mamme e parenti
piangere per la partenza del figlio richiamato
alle armi (la guerra era ancora lontana ma le
nubi si stavano avvicinando) e poi motivo di
angustia all’idea del distacco, della
lontananza delle persone care che vanno via
per mesi, per anni o forse per sempre.
Ricordo ero ragazza e vivevo nella semplicità
di allora. Frequentavo la scuola e trascorrevo
il tempo tra lo studio e la palestra.
Frequentavo l’istituto tecnico “Cesare
Baronio,” l’unica scuola media di allora ma
c’era anche la scuola di avviamento
professionale della durata di tre anni. Quasi
tutti i giorni dovevo recarmi in palestra, al
campo sportivo presso l’allora “CASA DELLA
GIL” in via Sferracavallo per fare ginnastica.
Dovevo indossare sempre la divisa: camicetta
bianca di piquet, gonna nera a pieghe, calzini
bianchi e bianche le scarpette di pezza.
Tempi duri quelli, in pieno fascismo e gli ordini
erano inconfutabili.
Si doveva fare ginnastica per il saggio che si
teneva a fine d’anno scolastico, ma
soprattutto dovevamo fare esercitazione di
marcia in gruppo per le parate che si
tenevano spesso nelle occasioni della visita
del Federale o di altri gerarchi fascisti o nelle
grandi occasioni di feste nazionali.
Per recarmi al campo sportivo era tanta la
strada che facevo a piedi e di corsa.
Per guadagnar tempo accorciavo il percorso
raggiungendo la stazione ferroviaria, indi
costeggiavo la strada ferrata per un bel tratto
e mi fermavo a debita distanza solo quando
sentivo il fischio del treno che, da lontano,
arrivava sbuffando con il suo pennacchio di
fumo bianco.
Presa dal fascino e dalla curiosità, se c’era
qualche minuto di tempo disponibile ancora,
mi fermavo a guardare.
Quanti sogni frullavano nella mia mente!...
Viaggiare in treno era una chimera. Ma…
andare dove… quando… con chi!
Viaggiare era un sogno irreale a quei tempi,
forse perché non ci si pensava neppure o
forse perché poche erano le disponibilità.
Il treno comunque, mi affascinava sempre e
tanto.
Mi destava curiosità e interesse specie il
capo-stazione col suo berretto in testa,
munito di fregi dorati e di visiera, in mano una
paletta rossa che alzava simultaneamente al
suono del fischietto per dare lo stop al treno
che arrivava o il via alla sua partenza.
Quando il treno ripartiva parte del cuore
sembrava staccarsi dal petto e andar via con
esso.
Era sempre un’emozione!
Desideravo tanto viaggiare in treno anch’io e
l’occasione non tardò a venire.
Era l’anno 1938, frequentavo il quarto anno
d’istituto tecnico inferiore quando un giorno,
bussando alla porta, entrò in classe il bidello,
il bravo Cesarino Tuzi che consegnò al nostro
professore una circolare del Provveditore agli
Studi di Frosinone, con la quale si invitavano
gli studenti delle scuole medie inferiori e
superiori a partecipare ad una gara nazionale
di canto corale. Gara che si sarebbe svolta a
Roma e a cui avrebbero partecipato
ovviamente anche gli studenti delle altre
province delle regioni
italiane.
Solo due mesi di tempo per preparaci!.
Sora ebbe il privilegio di partecipare a questa
importante manifestazione rappresentando la
provincia di Frosinone e a tale scopo il
preside
dott. Ermanno Squeglia delegò il valente ed
affermato maestro di musica l’avv. Salvatore
Carbone che entusiasticamente accolse,
mettendosi subito all’opera.
Per il maestro cominciò il da farsi. Non perse
tempo.
Dopo un accurato, paziente e individuale
esame in base al timbro di voce e
all’intonazione, riuscì a formare il gruppo del
coro: ben sessanta studenti
tra maschi e femmine; fra essi c’ero anch’io e
insieme a me ricordo :
Carlo Rosa, Gino Morganti, Luigi Fossataro,
Maria Cancelli, Vincenzino Paone, Mario
Camastro, Anna Lauri, Benita Conte, Gina
Macioce, Elide Campopiano, Anita
D’Ambrosio, Secondina Quadrini, Aldo Vicini,
Antonino De Ciantis, Renata Rosati, Maria
Rebecchi, Maria Cerrone,
Mena Frascone e tanti altri di cui mi sfuggono
i nomi.
(Sono passati oltre 60 anni!.)
La gioia e l’euforia avevano preso un po’ tutti
noi che quotidianamente ci recavamo presso
la Casa della GIL, dove una sala accoglieva
un pianoforte che accompagnava le prove del
canto.
Col passar dei giorni i canti (anche a quattro
voci,tra cui il Nabucco di Verdi e la Cavalleria
Rusticana di Mascagni) risultavano sempre
più scorrevoli e armoniosi. Con senso di
responsabilità, con la solita bravura e con
serafica pazienza del maestro unitamente
all’impegno e alla nostra grande passione,
che ci aiutò molto, riuscimmo, dopo due mesi,
a portare a termine un così ambizioso lavoro.
La preparazione senza esagerare aveva
raggiunto livelli abbastanza lusinghieri. Si
giunse così all’agognato giorno della
partenza.
La mattina ci ritrovammo puntuali in stazione
emozionatissimi.
La maggior parte di noi non era riuscita a
dormire.
Salimmo sul treno col cuore in gola. Al
momento della partenza si sentì, quasi
improvviso un fischio acuto, uno stridio
assordante, l’ansimare incalzante e
cadenzato della locomotiva che si mise subito
in movimento e in pochi attimi il treno
cominciò la sua rapida corsa lasciando dietro
di sé
una scia di fumo bianco che lentamente
spariva all’orizzonte.
Il viaggio lo facemmo quasi sempre affacciati
ai finestrini del treno per curiosare e per poter
gustare meglio il variegato sfuggente
panorama che si estendeva al nostro rapido
passaggio.
Quanta semplicità regnava allora! Quasi per
tutti fu il nostro primo viaggio in treno e, per la
prima volta, gran parte di noi metteva piede a
Roma, la bella capitale, la Roma dei Cesari,
la “Caput mundi” che tutti ci invidiavano.
Restammo in capitale circa due giorni e
riuscimmo a vedere pochi posti ma suggestivi
e poi tornammo a casa veramente soddisfatti
anche perché ci
classificammo al tredicesimo posto.
Ricordo che chiudemmo la gara con una
popolare canzone in dialetto sorano dal titolo
“Maria Nicola”, canto fuori concorso che
piacque tanto alla giuria che ci applaudi
lungamente.
Viaggio che non ho mai dimenticato, forse
perché vissuto nell’età dell’adolescenza. Il
vivere di allora, ripeto, era fatto di semplicità,
senza esigenza alcuna. Pochi erano i
divertimenti e gli svaghi, ma l’allegria nei
nostri cuori era tantissima.
Oggi che tutto è cambiato rimangono solo
ritagli del passato e chissà perché certi
episodi, ormai lontani, si ricordano più degli
altri e restano sempre vivi e indimenticabili
nella memoria forse perché vissuti
intensamente nella cosiddetta “età
dell’innocenza”.
Allora si sognava ad occhi aperti e la sera
prima di andare a letto, nelle
ore calde e serene, ci si affacciava alla
finestra per contemplare il cielo stellato. In
quelle ore di quiete, senza il fragore
tumultuoso dei nostri tempi, in quella pace
che divorava l’anima, ci si beava del silenzio
profondo che veniva interrotto solo dal canto
delle cicale e dallo stridio
dei grilli o…dal fischio del treno che ricordava
il suo ultimo viaggio della giornata.
Flora Angeloni (2004)
I TRENE
E propia pe’ ‘ste trene ch’è state amore,
uoglie scriue ca’ strefetta ‘n poesia
a ‘ste trene ca n’è chiù chiglie d’allora
che ‘n gioventù fu la passione mia.
Era chiste i sule mezze pe’ uiaggià
I chiù secure pe’ raggiunge la città;
ma oppe ‘e la guerra tutte s’è cagnate
ca i meracule economico prèste è arruate:
lavoro, case noue, magnà abbondante,
tutte è state chiù secure pe’campà,
e le famiglie soddisfatte e chiù cuntente
s’aue attrezzate pure pe uiaggià…
perciò i trene è mòrte, mò nen serue chiù,
chiusa e abbandonata è la stazione
è scurta pè ‘ste mezze ogni passione
ca i autemobbele arriua prima e addo’ ùo tu.
Chella stazione.., è ‘ne presebbie morte,
mura sporche, sfregiate da segnacce,
i giardinette è zippe d’erua pazza
rechiena è la piazzetta de cartacce.
Gliuffici, “l’espresso al Bar”, le sale d’ aspetto
Addo sta chiù i sportelle pe fa i bigliette?
Aue sparite ‘mpiegate e ferroviere
E i cape-stazione s’è fatte forastiere.
Brutta fine ch’è fatta… che squallore!
La ulesse reudé comm’era allora
‘na stazione sempre attiua e accusi bella,
addò recantasse pure la fentanella.
Resta i rempiante de ‘nn’ epoca che fù,
ma i spere ancora, chisà….
Che dice tu?
Flora Angeloni (2004)
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